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mentono sapendo di mentine

venerdì 3 aprile 2009

Kabul, la musica è resistenza


(3 aprile 2009)
Ahmad Sarmast è uno dei pochi musicisti rimasti in Afghanistan che lotta per aprire una scuola a Kabul
IL VIDEO
Il sogno del maestro Sarmast: ricostituire la scuola per musicisti
annientata dalla guerra civile prima, e dai Taliban dopo

Afghanistan, l'uomo che salverà la musica"
E' un pezzo d'anima del mio paese"
Aiuti dalla Banca mondiale, da Germania, Inghilterra, India e Stati Uniti
"E' importante ricostruire questa parte dell'identità nazionale"

di FRANCESCA CAFERRI

LA semplicità con cui parla Ahmad Sarmast è disarmante: "Per questo progetto sto rischiando la vita. Ho abbandonato l'Australia e un buon lavoro lì. E in Afghanistan sono minacciato di morte, perché voglio diffondere la musica e per i Taliban questa è un'eresia. Ma non rinuncerò. È il mio sogno per il futuro di questo paese". Il sogno di Sarmast è di quelli arditi se lo si ambienta nelle strade piene di uomini armati di Kabul: il professore si è messo in testa di salvare la tradizione musicale del suo paese facendo rinascere la principale scuola di musica dell'Afghanistan, annientata dalla guerra civile prima e dai Taliban dopo.

Solo a sentir parlare degli ex studenti di religione che hanno governato il suo paese fino al 2001, il musicista si rabbuia: "È stato un periodo orribile. Hanno provato a far tacere la musica ma non ci sono mai riusciti fino in fondo. La gente ha continuato ad ascoltarla in segreto. A nascondere radio e strumenti. Non poteva non essere così. La storia dell'Afghanistan è sin dalle origini intrecciata con la musica: pensare di toglierla era come cercare di strappare le radici da un albero".

Alla caduta del regime integralista, Sarmast è rientrato in patria: "Sono tornato per aiutare il mio paese - dice - presto però ho capito che molti donatori internazionali non erano interessati alla musica. Tutti pensano che ci siano altre priorità. Ma io credo che anche ricostruire parte dell'identità nazionale sia importante. Oggi per le strade si sentono note ovunque: ma sono le canzoni di Bollywood o il pop iraniano. La nostra musica sta scomparendo. Se non facciamo qualcosa ora non ci sarà più tempo".

Un grido d'allarme condiviso da molti. La tradizione musicale afgana infatti è prevalentemente orale: la scomparsa di un maestro spesso significa la morte della musica che custodiva nella mente e nelle dita. E se si considera che la maggior parte degli artisti locali sono morti e che quelli ancora vivi sono molto anziani, si capisce perché Sarmast sia tanto angosciato. Se le sue parole non fossero sufficienti, un esempio su tutti basterebbe a spiegare la situazione: nel 2006, quando si trattò di comporre e registrare il nuovo inno nazionale, fu necessario fare tutto all'estero perché in Afghanistan non c'erano abbastanza musicisti.

Grazie alla sua testardaggine, alla sua fama - è il figlio di Ustad Mohammad Salim Sarmast, autore dell'inno nazionale della repubblica afgana negli anni '70 - e ai suoi contatti, Sarmast è riuscito a trovare un vecchio edificio di Kabul adatto ad ospitare la scuola e i finanziamenti - 11 milioni di dollari - per far partire il progetto: la Banca mondiale pagherà i lavori, l'Associazione dei mercanti di musica tedeschi (SOMM) fornirà parte degli strumenti e altrettanto faranno produttori americani di American Voices. Inoltre, il National council of music di Londra e il Conservatorio nazionale indiano hanno accettato di preparare il curriculum per gli studi classici e per quelli tradizionali.

Se tutto andrà bene, la scuola potrà aprire a maggio: ospiterà 120 allievi fra i 13 e i 21 anni, ragazzi e ragazze. Il 50% dei posti sarà riservato agli orfani, che in Afghanistan sono numerosissimi (4000 nella sola Kabul, stima l'Unicef). I finanziamenti finora raccolti basteranno per pagare un anno di lavoro. "Poi spero di trovare altri appoggi", dice il musicista.

L'appello è rivolto anche all'Italia, di cui il professore ama la musica - "Puccini e Verdi soprattutto" - e in cui ha molti amici. "Il mio sogno - conclude - è arrivare fra otto o dieci anni ad avere di nuovo un'orchestra nazionale afgana. È un obiettivo ambizioso ma la musica è parte di quello che noi afgani siamo. Farla rinascere è come restituire una parte d'anima al mio paese".

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