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mentono sapendo di mentine

domenica 19 dicembre 2010

PIÙ NIENTE AL MONDO



Un monologo di: MASSIMO CARLOTTO
Interpretato da: GISELLA BEIN
Regia di: GIANNI BISSACA e RENZO SICCO
Regia video di: MARCO PEJROLO


Polpa di pomodoro, barattolo da 400 gr.0,24..Mozzarella bocconcino, 100 gr., 0,39..Detersivo Marsiglia, bucato a mano, 1euro e 15…Dentifricio al fluoro, 0,42..Caffè 4 pacchi da 250 gr., 3 euro e 39..Olio Extravergine, 1 litro, 2 euro e 75..Pesto alla genovese, 0,66..Il vermouth invece l’ho preso qui alla bottiglieria sotto casa. È l’unica cosa su cui non risparmio.

Una donna, seduta su di una poltrona ancora incelofanata, snocciola una serie di numeri apparentemente insignificanti, accanto alla fedele bottiglia di vermouth.
Solo ascoltandola, però, ci si rende conto del dramma in cui è immersa, senza distogliere l’attenzione dalle sue parole.
Massimo Carlotto racconta la tragica quotidianità di una famiglia torinese. Sullo sfondo una città che muta, la convivenza con gli extracomunitari, la mancanza di un lavoro decente, soprattutto l’assenza di prospettive per il futuro.
E la famiglia diventa il luogo in cui riversare tutte le angosce, il senso di frustrazione di una quotidianità sempre identica a se stessa. Lui, un ex-metalmeccanico FIAT, lavoratore a tempo determinato, porta a casa un misero stipendio; lei, costretta a fare la colf, lotta quotidianamente in una giungla di offerte per portare a casa la spesa. E poi c’è la piccola, una delusione come dice la mamma, tanto carina da poter lavorare in TV o da poter essere una battona d’altoborgo, perde le sue giornate a fare il pony-express.

Tristezza, povertà, paura del futuro, ma soprattutto la consapevolezza che si vorrebbe tutt’altro. E la famiglia, oltre a non saperla difendere dal dolore, sembra esserne addirittura la causa.
Lo spettacolo riflette un tema molto attuale ma troppo poco discusso. La realtà familiare italiana è mutata in modo radicale e sempre più spesso è proprio al suo interno che ha libero sfogo tutta la violenza repressa.
Il monologo di Carlotto, pubblicato dalle edizioni e/o, inaugura la nuova collana Assolo , nella quale sono inseriti racconti lunghi o romanzi brevi calati nella contemporaneità e che fotografano la realtà attuale, non necessariamente italiana.
Dunque un lavoro che sottolinea ed osserva le grandi trasformazioni dei nostri giorni, trasformazioni che spesso questa vita “frenetica” non ci fa notare con la giusta attenzione.

In viaggio con De Agostini verso la fine del mondo


Alla scoperta dell’esploratore piemontese a 50 anni dalla morte
ALESSANDRA COMAZZI

Teatro, cinema, fotografia, in nome di De Agostini e della «Fin del mundo». Al Teatro Agnelli di via Paolo Sarpi 111 va in scena un composito spettacolo formato da performance teatrale, film e incontro con i protagonisti: Alessandro Gaido di Piemonte Movie introduce Aldo Audisio, direttore Museo della Montagna, Davide Demichelis, regista, Elisabetta Gatto, antropologa, Renzo Sicco, Assemblea Teatro.
Quando si arriva a Ushuaia, capitale della Terra del Fuoco argentina, timbrano il passaporto: «Fin del mundo». In questo luogo dalla luce radente e dal freddo pungente, le alte montagne che sorgono dal mare gelato, arrivò un secolo fa Alberto Maria De Agostini, missionario salesiano, cartografo, esploratore, alpinista, fotografo, documentarista. E per 50 anni, fino al 1960, visse lì nella Terra del Fuoco, scalando, esplorando, aiutando i pochi abitanti autoctoni scampati agli eccidi.
Il sacerdote, originario di Pollone (Biella) e morto a Torino nel 1960, proprio il giorno di Natale, è protagonista di film, mostre, documentari. Il fratello maggiore, Giovanni, fondò l’Istituto Geografico De Agostini di Novara. Il nipote, Giovanni pure lui, che ora ha 65 anni, trascorse l'infanzia sognando quei luoghi lontani che lo zio gli descriveva durante i suoi brevi soggiorni in Piemonte.

Finalmente De Agostini junior è riuscito a compiere quel viaggio. Percorrendo gli stessi luoghi che lo zio esplorò. Insieme con lui, Davide Demichelis: e quel viaggio è diventato un film, «Fin del mundo», produzione Missioni Don Bosco. Demichelis è quel regista-documentarista («Il pianeta delle meraviglie, «Timbuctù», «Alle falde del Kilimangiaro»»), orgogliosamente nichelinese, che ha lasciato temporaneamente i suoi amati animali per girare «Radici», come il disco di Guccini, una serie di documentari sull'emigrazione, raccontata dai protagonisti in Italia e nel loro paese d'origine.

«Don Patagonia» si intitola invece lo spettacolo teatrale scritto da Laura Pariani (due volte finalista al Campiello), interpreti di stasera Marco Pejrolo e Angelo Scarafiotti. Come mai tutto questo fervore deagostiniano? Risponde Renzo Sicco di Assemblea Teatro: «La fascinazione del personaggio è potente. È l'attenzione ai grandi piemontesi dimenticati che ci ha portato a lui. Un grande. Lui sa che la battaglia degli indios è persa, ma la combatte ugualmente, al loro fianco. Perché è una buona battagia. È uno scienziato, un esempio vivente di come fede e scienza possano essere in unione, e non in contrasto».

Bruce Springsteen ''Songs From the Promise''