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mentono sapendo di mentine

giovedì 19 febbraio 2009

Walter Bonatti, Le montagne di una vita

Walter Bonatti ripercorre le imprese che hanno costellato i quindici anni della sua grande stagione alpinistica fino alla sofferta decisione di chiudere con il “mondo della montagna” - ma non con l’avventura - e dedicarsi all’esplorazione.

A Bonatti non interressano le salite senza storia dove tutto fila liscio, o meglio sembrano non interessargli quelle salite, e perciò forse non le racconta, che non l’hanno impegnato allo spasimo: a quell’epoca l’alpinismo é tutta la sua vita e le prove, molte volte tragiche, che deve superare in montagna sono esperienze fondamentali per la sua crescita e maturazione e sono tutt’uno con la sua esistenza.



La sua forza trae origine dalle difficoltà che incontra nelle sue scalate, l’alpinismo da lui viene vissuto non solo come metafora della vita ma come “la vita”.
Un uomo dotato di un’incredibile dose di passione, volontà, forza, coraggio, temerarietà e, perché no, testardaggine questo é il Bonatti alpinista che emerge dalle pagine del libro: un distillato esplosivo condensato in un unica persona.

La figura dell’alpinista non si discosta, e non potrebbe essere altrimenti, dal Bonatti uomo che appare esigente con gli altri proprio perché fin troppo esigente con se stesso. Con queste premesse pochi possono stare al suo passo e meritare la sua stima.

Grandi alpinisti come Oggioni, Carlo Mauri, Cosimo Zappelli, alternandosi di volta in volta all’altro capo della sua corda, hanno condiviso alcune delle salite raccontate in questo libro; ma le imprese che sembrano risaltare più delle altre sono quelle che l’hanno visto affrontare da solo la montagna, in compagnia unicamente delle sue paure e dei suoi dubbi.

L’autore si é sempre sentito, in qualche maniera, in credito con molta parte dell’ambiente alpinistico dell’epoca; un ambiente che non gli ha risparmiato critiche, invidie, bassezze e che, a suo dire, ha raccontato vere e proprie menzogne per screditarlo, basti ricordare i “fatti” del K2 per i quali ha ricevuto soddisfazione solo dopo 40 anni.

All’epoca delle sue grandi imprese, anche per lo spazio diverso dato dai media all’alpinismo, Bonatti era un personaggio pubblico di cui molte volte si occupavano le prime pagine dei giornali e la televisione e che perciò era al centro, nel bene o nel male, dell’attenzione da parte dell’opinione pubblica.
Questa situazione non poteva essere ben sopportata da quell’uomo che ci appare dai suoi scritti tutt’altro che un personaggio da pubbliche relazione; un personaggio, insomma, che in certi momenti sembra non accettare nulla e nessuno se non il suo stare solo in montagna.

Ma il Bonatti forse più vero, quello che ci ha fatto da sempre sognare, é l’uomo che, nel 1984, si avventura in quella che lui chiama nel libro “Una rivisitazione”, nella quale descrive uno dei suoi ritorni in Monte Bianco: ci piace quell’uomo solo, che aspetta disteso su un masso - quasi come in un’isola nel ghiacciaio - che la neve si consolidi per riprendere la discesa e intanto, senza fretta, pensa e ricorda.

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