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mentono sapendo di mentine

lunedì 2 febbraio 2009

Sempre bastonati da quelli che contano

Repubblica — 01 febbraio 2009 pagina 30 sezione: CULTURA
«vinti perché bastonati da sempre, vinti perché dimenticati dalla società che conta, dalla società egemone. Vinti i miei dalla Russia: noi siamo tornati vinti da quella guerra d' aggressione, da quell' avventura finita male. Vinti anche i montanari delle mie valli che han dovuto arrendersi di fronte alle grandi trasformazioni degli anni Sessanta, all' industrializzazione. Tutto il mondo della campagna povera è entrato in crisi, la piccola proprietà contadina ha dovuto arrendersi. Vinti in questo senso. Io mi sento vicino ai vinti perché non mi piacciono i vincitori, non mi piace la gente del potere e quindi ho solidarizzato nei confronti di questo mondo perché è stato emarginato e che è lì per spegnersi. Non sono vinti, sono sconfitti da chi è stato più forte, da chi ha guidato le scelte economiche, da chi li ha emarginati. Io intanto non disprezzo mai chi è vinto, anzi sono portato a solidarizzare con il vinto. Il vincitore molte volte, non poche volte, è odioso. Il vincitore che ha stravinto non è simpatico, comunque non mi è congegnale. I servi corrono a servire il vincitore. Io non servo al vincitore, certamente. E non voglio nemmeno atteggiarmi a un vinto, non mi considero un vinto, ho avuto una vita privilegiata. Sono tornato vinto dalla guerra di Russia e so cosa vuol dire essere vinto: trasformati, con un vuoto nell' animo immenso. Li conosco questi stati d' animo perché li ho vissuti e li ho anche descritti. Il mondo della campagna povera, di cui mi sono interessato, è un mondo di sconfitti. Sconfitti forse provvisoriamente, anche se la vita corre in fretta. Io mi auguro che i figli degli sconfitti abbiano la possibilità di tornare dove è possibile tornare, dove l' economia regge, dove si può vivere in maniera civile. Io non augurerei mai a un giovane di oggi di ripetere la vita di miseria delle generazioni precedenti della montagna: quello no, no assolutamente. Ma che la montagna non diventi soltanto un monopolio di un turismo sbagliato, scombinato, da cattedrali nel deserto, da centri turistici paracadutati in un contesto di un deserto. Questa visione mi disturba e mi auguro che questo non succeda. Mi auguro che torni la vita». (Da un' intervista della metà degli anni Ottanta, rilasciata a Marino Sinibaldi per il programma "Antologia" di Radio Tre) - NUTO REVELLI

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