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mentono sapendo di mentine

domenica 2 marzo 2008

BASILICA DI SANT'ANDREA (XIII secolo) VERCELLI



Storia

I lavori di costruzione erano cominciati all'inizio del 1219, ordinati e finanziati dal Cardinale Guala Bicheri, Legato Pontificio, appena tornato dall'Inghilterra ove aveva fama di essere il " salvatore di Enrico III e della Magna Charta".
In riconoscimento dei suoi alti servigi, il re Enrico III aveva donato al Cardinale l'Abbazia di S. Andrea di Chesterton, vicina a Cambridge, e il Cardinale , con le rendite di essa, inizio' a Vercelli la costruzione della nuova chiesa e del suo monastero. Passando da Parigi, egli aveva preso e condotto con sé i Canonici Sanvittorini perché dirigessero i lavori di costruzione della Basilica, alla quale egli stesso, con il Vescovo Ugone da Sessa, pose le fondamenta.

Nel 1224, il Cardinale Guala Bicheri, dimorando forse per l'ultima volta in città alla preseenza dell' Arcivescovo di Milano e del Vescovo di Vercelli, diede stabile ordinamento alla nuova casa della corporazione religiosa dei Sanvittorini e realizzo' un disegno con la costruzione della chiesa, consacrata insieme al Monastero di Sant' Andrea e all' Ospedale omonimo. Pero' la splendida Basilica non ebbe l'ultimo compimento che nel 1227, quando in Cardinale morì.

L'importanza della Basilica di Sant'Andrea nella storia dell'arte italiana deriva dal fatto che essa è una delle prime costruzioni in Italia in cui compaiono gli elementi dell'arte gotica. Durante i lunghi secoli delle invasioni barbariche non era tuttavia morta la grande arte costruttiva romana. Essa si era tramandata attraverso le maestranze dei paesi presso i laghi lombardi, le quali vennero piu' tardi chiamate con il nome generico di "Maestri Comencini" . Ad essi è dovuto quel primo rinascimento dell'architettura, ligio ai canoni dell'arte antica, che fu dagli operai esportato e diffuso in Europa e che si chiama Arte Romanica.

Da questa arte derivo' nel secolo XII in Francia una nuova architettura da noi impropriamente chiamata " gotica" , la quale ai muri massicci e all' arco tondo sostituì dei robusti pilastri, tra i quali con dinamico gioco di spinte e controspinte e di archi acuti contrastanti, si elevarono sempre piu' alte le costruzioni sacre e profane. I maggiori propagatori della nuova architettura furono i grandi ordini religiosi, soprattutto i Cistercensi, che nel corso del XII secolo costruirono prima i grandi monasteri e le loro chiese in Francia, poi valicarono i confini e introdussero la nuova arte all'estero. In Italia l'arte gotica compare per la prima voltanell'Abbazia di Fossanova poi in quella di Casamari poi in quella di Sant'Andrea in Vercelli.

Non si conosce con esattezza il nome dell'architetto dell'Abbazia di Sant'Andrea. Se si considera che le piante della basilica e del monastero riproducono esattamente la pianta delle costruzioni cistercesnsi si puo' supporre che egli fu probabilmente un monaco, forse il primo abate del monastero, Tommaso Gallo. Infatti i primi monaci Sanvittorini furono da Parigi condotti a Vercelli verso il 1216 dal Cardinale Guala Bicheri, reduce da una lunga residenza in Francia e Inghilterra come legato pontificio, e ne riportava in patria ingenti ricchezze. Nacquero allora l'idea e il disegno della chiesa e del monastero.

Caratteristica nell'architettura del Sant'Andrea è la presenza di elementi romanici e gotici, il che indusse alcuni criticia pensare che gli elementi gotici derivassero dal disegno originale dell'architetto e gli elementi romanici fossero dovuti alle maestranze locali. Ma l'insieme è tanto armonico el'inserirsi di stili diversi avviene con tanta eleganza che è impossibile non pensare ad un'unica mente creatrice.

Nel corso dei secoli due importanti gruppi di lavoro mutarono in qualche parte l'aspetto della Basilica:
il campanile sul principio del secolo XV;
il rifacimento del chiostro poco piu' di 100 anni dopo.
Originariamente, la cella campanaria era situata nella torre ottagona che si innalza sopra il tiburio, ma probabilmente alcune crepe nel tiburio stesso indussero il Cardinale Del Verme a costruire, sul modello ingrandito dei campanili della facciata, un nuovo campanile prossimo, ma staccato e un po' obliquo rispetto al braccio Sud del transetto della chiesa. Il portico originario del chiostro era molto diverso dall'attuale:le colonnine, a gruppi di quattro sono antiche, ma su di esse si appoggiava probabilmente un tetto a un solo spiovento, le cui grandi capriate di legno servivano come decorazione.

Verso il 1464 ai Sanvittorini si sostituirono i Canonici Regolari Lateranensi. Con loro si rinnovò il chiostro:alle vecchie capriate di legno si sostituì un sistema di volte a pieno centro appoggiato verso il cortile sulle antiche colonnine e verso i fabbricati incastrato nei muri. Il tutto fu decorato in cotto. Il tetto venne rialzato, tanto che ne furono otturate le finestre tonde della navata sinistra della chiesa e fu annullato il bellissimo portale dal chiostro alla chiesa.

Un recente restauro riaperse il portale d'ingresso dal chiostro alla basilica con la bellissima pila dell'acqua santa, scolpita nel marmo e rese visibili alcuni dettagli dell'antica costruzione.

Architettura
Il corpo della chiesa è ripartito in tre navate longitudinali; la navata centrale maggiore è uguale in larghezza e in altezza alla navata trasversa o transetto; le navate laterali o minori hanno una larghezza alquanto superiore alla metà della navata centrale. Questa e le navate minori sono divise in sei campate, così che per le tre navate risultano 18 campate coperte da volte gotiche a crociera a costoloni. La navata trasversale è a cinque campate; la centrale è in corrispondenza con la navata maggiore, che si prolunga sino all'abside.

All'incrocio di questa con il transetto si alza il tiburio a base medievale ottagonale, su cui si erge una torre campanaria pure ottogonale a due piani, sormontata come le altre torri da una cuspide piramidale di mattoni, foggiati nell'estremità esterna ad unghia di cavallo. Questa torre-cupola è costruzione tipica dei monasteri benedettini e cistercensi.

Caratteristici pure di questa basilica sono i piloni a fasce, con maschio rotondo, attorniato di colonnine di pietra di vario diametro, in corrispondenza degli archi e costoloni sovrapposti ai capitelli.
Quattro gugliette quadrate attorniano le cuspidi delle torri laterali , che si slanciano leggere. Sulla cuspide di sinistra svetta il gallo simbolo della vigilanza, su quella di destra spicca la croce detta di Sant'Andrea.

L'abside a pianta rettangolare è tipica delle chiese cistercensi, mentre le cuspidi della torre-cupola e dei campanili della facciata rispecchiano le consuetudini delle Chiese della Valle del Po.

Esterno
La facciata, pregevole anche per l'equilibrio crmatico, fonde motivi lombardo-emiliani (tetto a capanna, portali a tutto sesto, cornici marcapiano, apertura delle torri laterali, doppio ordine di loggette) con elementi provenzali e normanni (profonda strombatura dei portali, torri laterali e loro cuspidi, capitelli a crochet).
Tutta la facciata e buona parte delle fronti delle torri è costituita da pietra di colore verde-grigio proveniente da Pralungo, località sita tra Biella e Oropa, e da Oria sul lago d'Orta. La stessa pietra è presente con frequenza in altre parti della fabbrica. Tuttavia il materiale piu' abbondantemente impiegato è il laterizio, costituito da mattoni di dimensioni particolari e foggiati con argilla, probabilmente estratta dai luoghi prossimi al cantiere, poichè il terreno, oggi a risaia, che circonda la città di Vercalli è per un discreto spessore, adatto alla fabbricazione di mattoni. Relativamente alla calce usata è quasi certo che provennisse dal territorio di Sostegno. Altra pietra impiegata nel complesso abbaziale è la biona calcarenite del Monferrato.
Nella lunetta del portale centrale, attribuita a Benedetto Antelami, è rappresentato il martirio dell'apostolo Andrea. Il bassorilievo della lunetta era vivacemente e realisticamente colorato:una chiara traccia azzurra si distingue ancora sotto l'abito di Egea, vicino allo scanno sul quale siede. Il santo è rappresentato al centro legato ad una croce di rozza fattura; a destra due sgherri si apprestano a torturarlo nella loro convinta violenza, comandati dal proconsole romano Egea il cui gesto è misurato e raccolto. Il santo volge lo sguardo verso i tre fedeli che si avvicinano in atteggiamento dolente, ma senza esagerazione di dolore; una donna velata precede un vecchio che si rivolge pacato ad un giovane. Lo scultore medievale ha modellato il santo come figura di Cristo, protettore possente che vince l'ingiustizia di una morte violenta e trionfa in cielo.
Inoltre alla dignità delle figure dei credenti che si muovono quasi ieratici, si contrappone la linea piu' dinamica dei torturatori e del proconsole le cui teste formano un triangolo ideale. La orizzontalità delle braccia in croce del santo è contrastata in senso trasversale dai gesti del proconsole e dell'aguzzino che sta legando il braccio sinistro di Sant'Andrea alla croce. Nell'architrave sotto la lunetta è incisa l'iscrizione latina esplicativa:" Predica Andrea paziente. La plebe crede. Egea che ricusa di credere cade nelle insidie del demonio. Una devota e non poco pia donna compone nel sepolcro il corpo dell'apostolo" . In alto al centro della decorazione a motivi vegetali che circonda piacevolmente la lunetta è rappresentata la figura simbolizzante l'anima del santo portata in cielo da un angelo.
Le altre due lunette sono inferiori per fattura. In quella a sinistra è raffigurato il cardinale Guala Bicchieri mentre offre la chiesa a Sant'Andrea in trono; purtroppo un restauro ottocentesco na sostituì le teste. In quella di destra vi è una raggiera di colonnine con archi trilobi, non originale, ed inserita piu' tardi come si osserva dal mancato adattamento di un arco ogivale in un arco a tutto sesto.

Interno
A dar luce all'interno, oltre i magnifici rosoni, concorrono nella navata laterale sinistra delle aperture di forma circolare. La pianta della chiesa è a croce latina e le tre navate longitudinali sono separate da pilastri fasciati da otto esili colonnine, di grande linearità e slancio, che sorreggono altre colonne funzionanti come base agli archi trasversali e alle nervature delle volte a crociera. Ogni navata è composta da sei campate e ad ogni campata rettangolare della navata centrale corrisponde una campata quadrata delle navatelle. Il transetto sporgente formato da campate rettangolari è coperto da una volta a cupola, inclusa in un tiburio ottagonale. Sul transetto si aprono quattro cappelle di pianta rettangolare. Oltre il vasto spazio quadrato del capocroce vi è il coro terminante con una impressionante parete rettilinea. Quattro piloni a fascio, di grande solidità , sorreggono la cupola e il carico del tiburio per mezzo di archi robustissimi:le trombe coniche del tiburio portano scolpiti su una mensola i simboli degli Evangelisti, di fattura antelamica. Lo spazio interno della cattedrale raggiunge il culmine nel coro, centro liturgico per eccellenza. In esso sono presenti 24 stalli a pozzetto, oltre alla cattedra centrale. Un grande rosone illumina la parete di fondo dell'abside:tre monofore slanciate a doppia strombatura, inquadrate da arcature sorrette da lunghe colonnine in pietra, accrescono la luminosità dello spazio oltre il capocroce. Degne di particolare attenzione sono le tarsie del corso ciquecentesco dovuto all'intagliatore cremonese Paolo Sacca che vi lavoro' dal 1511 al 1513. Particolarmente interessante è la tarsia nell'angolo destro, raffigurante la facciata del Sant'Andrea nascosta in parte da un muro merlato. Le vetrate, un tempo, dovevano essere colorate ad accrescere suggestione e insegnamento. L'ultima cappella a destra è occupata dal monumento funebre dell'abate Tommaso Gallo, risalente alla prima metà del XIV secolo: nella grande nicchia gotica sopra il sarcofago è affrescata la figura dello stesso abate in cattedra fra i suoi scolari(la tradizione vuole che fra i sei scolari presenti nei due banchi laterali vi sia S. Antonio da Padova, che si riconosce dall'aureola). Nella cuspide che si eleva sull'arcata abbiamo l'incoronazione della Vergine con angeli musicanti, affresco in cui si puo' rilevare una presenza di moduli lombardi. La parte piu' interessante è rappresentata dalle belle figure in altorilievo sul fronte del sarcofago, di uno stile non anteriore alla metà del '300. Al centro vi è la Beata Vergine col Bambino che si slancia verso l'abate Tommaso in ginocchio, presentato da Sant'Andrea. Al lato destro stanno S. Caterina d'Alessandria protettrice degli studi filosofici e Dionigi lo Pseudo-Areopagita rappresentante della teologia mistica, un neo platonico cristiano di cui Tommaso Gallo aveva commentato le opere. Accanto alla cappella dedicata a Tommaso Gallo vi è una cappella rifatta in stile neogotico nel 1844. Oltrepassando il presbiterio si giunge alle cappelle del transetto di sinistra.
La prima cappella che si incontra conserva un crocifisso ligneo generalmente attribuito alla fine del '400, probabilmente opera di artisti valsesiani, mentre la seconda cappella si ammira per la sua monastica severità .
Nella chiesa ci sono altri motivi di grande intensità estetica:diverse sculture nelle chiavi di volta, il motivo ricorrente della rosa, le decorazioni fantastiche alle basi dei pilastri ed i bellissimi rosoni.
Ai lati del transetto si fronteggiano due pesanti confessionali barocchi resi meno pomposi da vivaci putti. Si entra quindi nella sacrestia:al centro spicca un magnifico leggio, che un tempo si trovava nel coro a sorreggere i libri liturgici. E' composito in quanto le facce minori sono rinascimentali mentre intagli barocchi ornano le facce maggiori.
Sulla porta che introduce per una scala a chiocciola al dormitorio dei monaci spicca una graziosa Madonna di fattura gotica.
Dalla sacrestia si passa alla sala capitolare , una tra le piu' belle d'Italia. Quattro colonne centrali con bellissimi capitelli a crochet sorreggono nove raffinate campate, preziose per le nervature in laterizio a vista e con la campitura degli spicchi delle volte intonacate.
In un vano d'altare alla destra di chi entra sono posti due affreschi sovrapposti di scuola gaudenziana. Questa sala fu testimone di grandi eventi storici:qui ad esempio, nel 1310 alla presenza di Arrigo VII di Lussemburgo si concluse la pace efimera tra i Guelfi e i Ghibellini vercellesi.

Chiostro

Tornando verso la chiesa, attraverso un severo portale, si esce nel chiostro:subito alla sinistra si puo' ammirare la nicchia dell'acquasantiera sormontata da un arco trilobo poggiante su due coppie di colonnine, che affiancano la vaschetta rotonda dell'acqua santa, mentre in fondo si staglia la mano benedicente di Dio.
Nella parte settentrionale del chiostro vi è un'interessante mensola scanalata che ricorda le linee ondulate di alcuni capitelli del Battistero parmense.
Il chiostro si presenta rettangolare con arcate a pieno centro rette da colonnine dai capitelli a crochet, che a gruppi di quattro sono riunite su una sola base. Le volte del chiostro risalgono al primo '500 quando l'abate Pettenati riparo' il chiostro maggiore del monastero e lo riporto' all'antica bellezza. Altri elementi cinquecenteschi presenti nel complesso della costruzione, sono le cornici in cotto che ornano e sottolineano le arcate, il grande e raffinato finestrone, pure in cotto, che si presenta sopra il chiostro nel lato orientale dell'abbazia e forse i grandi oculi con interessanti cornici in tufo intagliato a foglie, perline, ovoli nella sopraelevazione dell'antico refettorio.
Di grande bellezza sono il portale che introduce alla sala capitolare e quello vicino alla nicchia dell'acqua santa:la lunetta che spicca su questo portale dalle magnifiche e policrome colonne era un tempo all'ingresso della sala capitolare. Al centro vi è l'agnello simbolo del Cristo attorniato dalle figure di San Giovanni Evangelista e San Giovanni Battista, mentre scende la colomba dello Spirito Santo.
All'angolo nord-est del chiostro stesso è conservato un salone con colonna centrale e un fluente capitello a crochet che regge quattro archi a pieno centro.
Scendendo verso la vera del pozzo si puo' apprezzare una serie di sculture(teste umane e animali) che decorano l'esterno a sottolineare la grazia delle mensole e degli archetti. Sopra i robusti speroni mediani della parete occidentale del transetto sono due busti coronati, Filippo Augusto di Francia ed Enrico III d'Inghilterra, entrambi collegati alla vita del Cardinale Guala Bicheri.
Uscendo all'esterno si ammira in tutta la mole dell'edificio l'alternanza del cotto e della pietra bianca che crea giochi di luce:prevale la serrata cortina di mattoni rossi alla base e nello stacco del tiburio, ma le loggette, i riquadri, le bifore, le trifore, il rosone del fronte posteriore contrastano efficacemente creando una sinfonia di due colori molto netti, rosso scuro e bianco, di notevole effetto.

Ospedale
Voltando le spalle alla Basilica, un poco a sinistra, si vede un portico con archi ogivali:appartiene al primo antico nucleo dell'Ospedale di Sant'Andrea, che viene segnalato tra le prime fondazioni ospedaliere italiane. La sua organizzazione si impose così rapidamente che già sul finire del XIV secolo inglobo' altri ospedali della città , assumendo il titolo di Ospedale Maggiore di Sant'Andrea che è rimasto fino ai giorni nostri.

Questa istituzione sorse sempre per la lungimiranza del Cardinale Guala Bicheri, che volle, accanto all'Abbazia, un luogo adatto ad accogliere i pellegrini transitanti in Vercelli. Infatti la destinazione iniziale fu dell' "ospitale", ossia dell'edificio che ospita; solo succesivamente (1246) sitrasformo' in "Ospedale" con il significato proprio del termine.

La fondazione risale al 1223. A tale epoca risale la parete nella quale si apre l'ingresso sormontato da una lunetta dipinta. In seguito si aggiunse il portico a sette arcate, ma coperto da capriate in vista con spiovente verso la via, e si costruirono le volte a crociera costolonate, rette da pilastri, dell'ampio ambiente interno. Le volte in muratura del portico furono edificate ancor piu' tardi(XVII) quando si aggiunse il soprastante piano.

Uno dei pochi esempi di pittura piemontese del XIII secolo è la lunetta posta sulla porta d'ingresso:secondo uno schema abituale della pittura romanica rapresenta Cristo in maestà , con a destra un santo di non sicura identificazione, e a sinistra, quasi sicuramente, Sant'Andrea che presenta il Cardinale Guala Bicheri a Cristo. Il Cardinale in ginocchio porge, con timido gesto, il modello di un edificio allusivo alla costruzione dell' " Ospedale" che cristianamente svolgeva una funzione caritativa, e quindi degna di essere offerta a Dio. L'affresco, per il tema trattato è da mettere in relazione con la lunetta di sinistra della Basilica. Nella parte inferiore, soprattutto a destra, si osservano le tracce di un altro affresco che, essendo dipinto sotto al primo, è piu' antico, anche se non di molto, e potrebbe estendersi per tutto il campo della lunetta.

Sull'architrave sottostante un'epigrafe ricordava i punti fondamentali dell'azione del Cardinale:le missioni a Parigi e in Inghilterra, la sua dottrina, ed infine la costruzione del Sant'Andrea e la scelta di Tommaso Gallo come primo abate.

Dalla porta corrispondente all'accesso al porticato si entra in un'ampia sala di forma rettangolare, longitudinalmente divisa in tre navi scandite ognuna in cinque campate. Le volte, di lineare e chiara forma tardogotiga, sono costolonate e si impostano su pilastri cruciformi che accolgono tutte le nervature strutturali.

Le chiavi degli archi che si intersecano sono scolpiti con motivi decorativi, simbolici, araldici o con figure di santi. Tra i tanti sono facilmente identificabili Sant'Andrea, Santa Cecilia, San Bernardino da Siena, Santa Caterina d'Alessandria; tutti modellati con piani ampi e morbidi, e con una certa ricerca di idealizzante bellezza nei volti che raggiunge un'alta espressione in quella di una santa che regge con una mano una teca e con l'altra un libro. Tali decorazioni plastiche risalgono agli inizi del XV secolo. In due chiavi è ripetuto uno stemma fasciato in un certo numero di pezze che potebbe rierirsi a quello degli Avogadro.

Sulla parete di fondo, alla sinistra dell'ingresso, è affrescato Cristo in croce con ai lati la Vergine e San Giovanni. La volta soprastante la Crocifissione reca sulle quattro vele le immagini degli Evangelisti.

Sulla parete immediatamente a destra della porta dalla quale si entra affiora un frammento di affresco, risalente alla metà del XV secolo, in cui si riconosce un santo vescovo benedicente, testimonianza di come le pareti della sala fossero, tutte o in parte, ricoperte da una decorazione pittorica.

Le lunette che decorano le pareti sono occupate da grandi tele secentesche, riproducenti fatti della vita di Cristo, racchiuse da cornici lignee del XVII secolo egregiamente intagliate e ricoperte da dorature.

Nella parte opposta all' affresco della Crocifissione si possono osservare due cantorie barocche, purtroppo prive di pannelli dipinti, che con graziosi putti musicaanti ingentilivano il complesso lavoro d'intaglio.

Subito a sinistra del portico gotico si nota la facciata a tre arcate di una costruzione demolita nella parte retrostante. E' quanto resta delle due corsie terminali del vecchio ospedale, che si disponevano a forma di croce. Queste corsie erano assai ampie:9 metri di larghezza e 15 di altezza per un'estensione, la maggiore, di 124 metri.

La facciata conclusa nel 1586, come ricorda la targa murata a sinistra sulla parete di fondo del pronao, è costituita da due parti:quella inferiore con tre arcate a sesto ribassato che introducono alla scala di accesso, e la parte superiore, spartita da quattro lesene di ordine composito tra le quali si inseriscono una finestra serliana e due nicchie. La composizione architettonica, semplice e ben equilibrta, si conclude in alto con un frontone triangolare.

Alla destra del portico gotico si dispone un'altra parte di quello che fu il vecchio ospedale, costruita tra il 1867 e il 1868 su progetto dell'ingegnere Ettore Tartara, ricordato qui per il bassorilievo situato nel timpano del frontone che si affaccia su Piazza Roma e per i 26 medaglioni che ne costituiscono la decorazione del fregio:opere tutte dello scultore ottocentesco Ercole Villa. Il bassorilievo del timpano svolge l'allegoria del conforto dato dalla scienza medica e dalle premurose cure; i medaglioni ritraggono illustri medici del mondo antico e moderno.

Sull'area occupata da questo settore del vecchio nosocomio fiorì, tra la seconda metà del '700 e la prima metà dell' '800, un Orto botanico per soddisfare le nacessità ospedaliere e didattiche collegate all'istituzione.

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