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mentono sapendo di mentine

venerdì 19 marzo 2010

CONTADINI DEL SUD di - Rocco Scotellaro


Avvicinandosi al pubblico, toccandolo, raccontando in prima persona in dialetto lucano, Ulderico Pesce porta in scena queste storie troppo spesso dimenticate con grande grazia, umorismo e con quella dolcezza che si prova parlando della propria terra.
La storia d’amore tra Amelia Rosselli, poetessa di origine ebraica e e Rocco Scotellaro, figlio di un ciabattino, durante le prime occupazioni delle terre demaniali in cui molti braccianti trovarono la morte.
Lo spettacolo rievoca la storia d’amore tra Amelia Rosselli, poetessa di origine ebraica (figlia di Carlo Rosselli, trucidato dai sicari di Mussolini con il fratello Nello nel 1937) e Rocco Scotellaro, figlio di un ciabattino, giovane scrittore e sindaco socialista di un paesino in provincia di Matera. Un storia d’amore indissolubilmente legata alla vita dei contadini del sud e alle prime occupazioni delle terre demaniali in cui molti braccianti trovarono la morte.

In Contadini del sud Ulderico Pesce racconta una storia fatta di tante storie; racconta dei contadini della Basilicata, di Rocco Scotellaro e di Amelia Rosselli; parla di terra, di sud, d’amore e di morte; di emigranti e contadini di tutta Italia, di Roma e di Matera, delle bufale e delle osterie di trastevere; della poesia e della vita. Sulla scena solo due sedie ed una grande fotografia in bianco e nero illuminata da una lampadina. Sullo sfondo di questi pochi elementi gli attori, Ulderico Pesce e Maria Letizia Gorga, danno vita e corpo alle figure di Rocco Scotellaro, giovane socialista lucano, e di Amelia Rosselli, poetessa figlia di Carlo Rosselli. L’anno è il 1948 e Rocco è appena arrivato a Roma per pubblicare il suo libro-indagine sulla vita dei contadini del sud. Amelia, ebrea, fuggita dall’Italia con la madre a causa delle persecuzioni razziali, torna in Italia alla ricerca di un posto in cui vivere. Il loro primo incontro, alla stazione, segna l’inizio di un grande amore. La storia di Rocco e di Amelia viene raccontata attraverso la loro musica (suonata e interpretata dal vivo), quella popolare lucana e quella delle vecchie canzoni ebraiche; il loro amore si esprime per mezzo delle poesie di Amelia la loro vita è indissolubilmente legata a quella dei contadini, a cui Rocco restituisce voce e dignità. E’ così che, durante lo spettacolo, le figure di Rocco e Amelia si fondono con quelle di Cosimo Montefusco fu Nunziante, giovane bufalaro lucano analfabeta, o con quella di Francesco Chironna, contadino emigrato in America in giovane età, poi tornato in Italia a organizzare le prime occupazioni di terre demaniali. Avvicinandosi al pubblico, toccandolo, raccontando in prima persona in dialetto lucano, Ulderico Pesce porta in scena queste storie troppo spesso dimenticate con grande grazia, umorismo e con quella dolcezza che si prova parlando della propria terra. Maria Letizia Gorga, seduta in mezzo al pubblico, ascolta le vicende di contadini ed emigranti così come Amelia le aveva ascoltate per bocca di Rocco in quegli anni felici del loro amore, prima della separazione, prima della malattia mentale e della morte. Attraverso stralci di lettere viene rievocato l’ultimo periodo dell’amore di Rocco e Amelia, lei a Roma a scrivere, lui nel suo paese a lottare per i contadini e combattere contro una malattia che lo ucciderà a soli trent’anni. Nei panni della commovente figura della madre, Ulderico Pesce ripercorre gli ultimi giorni di Rocco, la sua morte, evoca la figura magra e pallida di Amelia che vaga nei campi pieni di fango dopo il funerale, la sua partenza per l’America, l’ospedale psichiatrico, gli elettroshock. Infine il suicidio, avvenuto a Roma nel 1996, della donna definita da Pierpaolo Pasolini “la più grande poetessa del Novecento”.

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