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mentono sapendo di mentine

domenica 19 dicembre 2010

In viaggio con De Agostini verso la fine del mondo


Alla scoperta dell’esploratore piemontese a 50 anni dalla morte
ALESSANDRA COMAZZI

Teatro, cinema, fotografia, in nome di De Agostini e della «Fin del mundo». Al Teatro Agnelli di via Paolo Sarpi 111 va in scena un composito spettacolo formato da performance teatrale, film e incontro con i protagonisti: Alessandro Gaido di Piemonte Movie introduce Aldo Audisio, direttore Museo della Montagna, Davide Demichelis, regista, Elisabetta Gatto, antropologa, Renzo Sicco, Assemblea Teatro.
Quando si arriva a Ushuaia, capitale della Terra del Fuoco argentina, timbrano il passaporto: «Fin del mundo». In questo luogo dalla luce radente e dal freddo pungente, le alte montagne che sorgono dal mare gelato, arrivò un secolo fa Alberto Maria De Agostini, missionario salesiano, cartografo, esploratore, alpinista, fotografo, documentarista. E per 50 anni, fino al 1960, visse lì nella Terra del Fuoco, scalando, esplorando, aiutando i pochi abitanti autoctoni scampati agli eccidi.
Il sacerdote, originario di Pollone (Biella) e morto a Torino nel 1960, proprio il giorno di Natale, è protagonista di film, mostre, documentari. Il fratello maggiore, Giovanni, fondò l’Istituto Geografico De Agostini di Novara. Il nipote, Giovanni pure lui, che ora ha 65 anni, trascorse l'infanzia sognando quei luoghi lontani che lo zio gli descriveva durante i suoi brevi soggiorni in Piemonte.

Finalmente De Agostini junior è riuscito a compiere quel viaggio. Percorrendo gli stessi luoghi che lo zio esplorò. Insieme con lui, Davide Demichelis: e quel viaggio è diventato un film, «Fin del mundo», produzione Missioni Don Bosco. Demichelis è quel regista-documentarista («Il pianeta delle meraviglie, «Timbuctù», «Alle falde del Kilimangiaro»»), orgogliosamente nichelinese, che ha lasciato temporaneamente i suoi amati animali per girare «Radici», come il disco di Guccini, una serie di documentari sull'emigrazione, raccontata dai protagonisti in Italia e nel loro paese d'origine.

«Don Patagonia» si intitola invece lo spettacolo teatrale scritto da Laura Pariani (due volte finalista al Campiello), interpreti di stasera Marco Pejrolo e Angelo Scarafiotti. Come mai tutto questo fervore deagostiniano? Risponde Renzo Sicco di Assemblea Teatro: «La fascinazione del personaggio è potente. È l'attenzione ai grandi piemontesi dimenticati che ci ha portato a lui. Un grande. Lui sa che la battaglia degli indios è persa, ma la combatte ugualmente, al loro fianco. Perché è una buona battagia. È uno scienziato, un esempio vivente di come fede e scienza possano essere in unione, e non in contrasto».

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