Testo di Barbara Spinelli di adesione alla manifestazione di sabato 21 febbraio, (Roma, piazza Farnese, ore 15) (www.micromega.net)
Aderisco alla manifestazione, perché non accetto la storpiatura delle parole e la svalutazione sistematica che s’accompagna alla celebrazione dei valori. Per questo mi oppongo a chi storpiando e svalutando si predispone a scrivere la legge sul testamento biologico.
Mi oppongo a chi storpia la parola libertà, pur avendola addirittura iscritta nel nome del proprio partito, e nega ai cittadini la libertà essenziale, che è quella di non esser espropriati del proprio corpo quando questa padronanza di sé non nuoce ad altri. La padronanza di sé non viene meno, quando la facoltà d’esprimerla e difenderla diminuisce o scompare: il testamento biologico la custodisce e ne evita l’alterazione, così come la custodisce senza alterarla la legge della Repubblica. Le gabbia in cui si trova il malato nelle strutture ospedaliere non deve significare perdita della libertà interiore. Per lui vale non solo quel che dice la Costituzione sulla vita e le cure: vale anche l’articolo 13, che punisce “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”.
Mi oppongo a chi storpia la parola vita, e sbandierandola come personale vessillo divide il mondo tra un partito della vita e un partito della morte. In realtà, i falsi difensori della vita trattano il malato terminale o in stato vegetativo permanente alla stregua d’un morto: gli tolgono la parola che sta dicendo o che ha detto in passato, gli tolgono la volontà, la libertà, financo il ricordo. Chi ha redatto testamenti biologici e giace in letti d'ospedale senza più potersi esprimere non è morto: è un corpo che racchiude la memoria viva di quel che l’individuo è stato. La sua volontà deve prevalere nelle ore finali, anche se affidata a a un documento che l’attesta quando il malato non ha più dominio di sé. Chi firma un testamento biologico deve esser sicuro che la sua persona sarà scrupolosamente rispettata dal medico o dalla struttura ospedaliera allo stesso identico modo in cui lo era quando possedeva tutte le sue facoltà, e poteva entrare e uscire dagli ospedali, accettare o rifiutare cure di sostegno, sottoporsi o non sottoporsi a trattamenti dolorosi o invasivi. Il malato senza più coscienza è prigioniero, ma vivo. La sua vita è tempo: tutto intero il tempo che ha avuto.
Mi oppongo a chi parla di natura o di Dio e vuol rinchiudere i malati terminali dietro le sbarre della tecnologia, della medicina e anche d’una legge. Chi agisce in tal modo usurpa il potere di Dio, della natura o del fato, e se ne appropria abusivamente. Il morire non è sinonimo di morte: é un pezzo del cammino della vita che non può esser alienato, pena l’alienazione dell’esistenza intera. Il morire – non la morte che non ci appartiene e che non viviamo – richiede la più alta dose di energia, dunque di vitalità. Il rifiuto di proseguire la vita, per chi liberamente s’oppone agli artifici di tale prolungamento, è scelta tra le più vitali e naturali.
Mi oppongo a chi parla di vita indisponibile nello stesso momento in cui s’appresta a disporre di quella altrui, in nome di verità forse non estranee al paziente-prigioniero, ma incompatibili con quello che il paziente sta vivendo. Sì, ogni vita è indisponibile: questo significa che essa non può esser delegata a entità astratte come la società, lo Stato o la chiesa, quale che sia la chiesa. È a disposizione di chi si prepara a morire.
Mi oppongo a chi parla di legalità e predispone una legge in cui alcune cure che prolungano la vita, in particolare l’alimentazione e l’idratazione artificiali, diventano non un’offerta di amore o carità, ma un obbligo per tutti, coscienti e non coscienti. Questo rende illegale un articolo irrinunciabile della Costituzione: possono esistere leggi che obbligano a determinati trattamenti sanitari – il vaccino è un esempio – ma, così dice l’articolo 32, “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. La vita è libertà di uscirne, a meno che tale libertà non sia lesiva della libertà, della salute, della vita altrui. Non è messa in causa, se è lesiva del credo altrui. La coscienza di questo, la libera morte, è patrimonio della cultura europea. Ha radici più antiche del cristianesimo. È figlia di Atene, di Roma e di Gerusalemme.
(17 febbraio 2009)
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