Alessandro Sortino aveva intervistato il leader del Movimento No tav Luca Abba', ricoverato in gravi condizioni al Cto di Torino dopo essere precipitato da un traliccio dell'alta tensione su cui si era arrampicato
L'anteprima da Piazzapulita La7
a
mentono sapendo di mentine
mercoledì 29 febbraio 2012
lunedì 27 febbraio 2012
NICOLAI LILIN - CADUTA LIBERA
La guerra cecena come specchio di ogni guerra contemporanea.
Questo è il racconto di chi l’ha combattuta facendo il cecchino in un gruppo d’assalto.
Un libro che ti appare, prima, spietato e terribile, poi semplicemente vero. Perché ti mostra come l’uomo possa essere condotto oltre l’uomo, in un inferno molto terreno dove non esistono né il bene né il male.
Chi ha scritto queste pagine, raccontando ciò che ha vissuto, non è un cecchino. Ma ha fatto il cecchino per due anni di servizio militare in un gruppo d’assalto dell’esercito russo durante la Seconda campagna cecena. Non sempre si è ciò che si fa. L’uomo dovrebbe essere più di ciò che fa. Ma ciò che fai può essere così orribile da cambiare ciò che sei: un uomo.
La guerra che in queste pagine vedi – perché l’equipaggiamento simbolico di Lilin è soprattutto visivo, come quello della gran parte di noi – non ha orizzonti, né ideologie, né complesse visioni del mondo. Tutto è ravvicinato come attraverso il cannocchiale di un fucile di precisione. Ma è proprio tale assenza di prospettiva a rendere queste pagine terribili più grandi degli eventi che raccontano. Così, la guerra che vedi non è solo quella cecena, ma è la guerra come la si combatte oggi in ogni parte del mondo. Quella senza politica, senza dichiarazioni ufficiali, senza il teatro dei media. Ma con tutta la tecnologia disponibile. E ogni tecnologia – se togli l’uomo come accade in guerra, se togli non solo la pietà ma anche l’etica – si riduce a strumento bellico.
Il gruppo di sabotatori raccontato da Lilin con un aurorale talento di narratore non si trova su un fronte, ma nel caos dell’azione in prima linea o dietro le linee nemiche. Gli uomini sono per lo più arruolati contro la propria volontà e combattono per la propria sopravvivenza contro il nemico e contro i traffici del proprio Comando. Fra le case, nei cortili, sul fianco di una collina, nelle fogne o all’interno di una moschea.
I nemici sono semplicemente gli «arabi» – come vengono chiamati senza distinzioni e in un assurdo guazzabuglio «ceceni, musulmani, afghani, talebani, terroristi o combattenti di qualunque fede politica» – che bisogna annientare senza pietà ma soprattutto senza esitare, pena la vita. L’unica lealtà possibile è quella primitiva verso il compagno nel gruppo assediato dal mondo di fuori. Si uccide con armi ad alto potenziale o di precisione, ma anche con il pugnale o con una pistola appoggiata alla nuca. E il corpo del nemico fatto a pezzi diventa manichino. Chi lo guarda, per poter sparare meglio si è appena trasformato in una pietra senza respiro e senza vita e ora posa su di esso uno sguardo estetico. E tu capisci che l’uomo non c’è più. Provi orrore quando Lilin non confessa, ma semplicemente dice di aver provato piacere a uccidere, la «gioia» dell’assassino addirittura, ma ti rendi conto di essere di fronte a un frammento di verità.
Ogni guerra, qualsiasi guerra se la vedi senza i filtri dei princìpi o delle ideologie, è come questa. Ed è così per le vittime come per i carnefici. Porta l’uomo oltre l’uomo, sì, al di là del bene e del male. Tutto il resto è letteratura.
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lunedì 13 febbraio 2012
UN CALCIO IN BOCCA FA MIRACOLI
Il protagonista di questo libro è un vecchio scorbutico, vitale, simpaticissimo, che fa i conti con l'ostinazione della sua prostata, con un'insana passione per la portinaia e con la sua amicizia per Armando, aspirante Cupido in pensione.
L'ironia e il caratteraccio invecchiando migliorano come la grappa, per questo ci diverte così tanto la sua voce cinica, borbottante, capace di battute fulminanti sempre in bilico tra la sciocchezza e il colpo di genio.
Dentro quella voce, poi, ne sentiamo guizzare un'altra che conosciamo bene: quella di Marco Presta, autore della trasmissione cult «Il ruggito del coniglio».
RACCONTI DI PARETI E SCALATORI
L'albeggiare sotto la parete, la roccia fredda delle prime lunghezze di corda, i raggi del sole che riscaldano le dita, la luce violenta del giorno, il respiro affannoso, il vuoto delle altezze che non dà tregua. Senza dimenticare che una volta in cima non si è che a metà strada.
L'alpinismo è «conquista dell'inutile», dilatazione del tempo e dello spazio, superamento del possibile: un'epica contemporanea in cui si fondono poesia del pericolo e rispetto delle regole, acerrime rivalità e amicizie indissolubili.
Dalle pareti di ghiaccio degli Ottomila agli spigoli granitici del Monte Bianco, dalle big wall californiane agli strapiombi dolomitici, i racconti dei più grandi alpinisti-scrittori di sempre: Bonatti, Messner, Cassin, Krakauer, Simpson, Mila, Maestri, Rey, Buhl, Scott, Bridwell, Boivin, Seigneur, Comici, Stephen, Benuzzi, Solleder...
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